1. |
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[strumentale]
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2. |
Puer Apuliae
04:29
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Costanza d’Altavilla:
Mi dolgo del parto
in pubbliche vesti
Che ‘l cielo e anche gli astri
Han stretto al mio ventre.
Fu candido il manto
Che desta stupore
Non frode o magia
Ma è solo l’amore
Di me donna pia
Una volta regina
Di donar a terra mia
Un imperatore.
Storico:
La novella di aver in grembo Fedrigo
suscitò molto scherno
calunnia e disdegno
Così saggia Costanza
volle dare a Palermo
una prova sicura
del suo tardo pregno.
La sposa del vento
soave ora giace
in Marche la notte
del dì di Natale
Fu arrestata dai venti
Del fato contrario
Che fermarono il passo
Nella piccola Jesi.
"Quando venne il momento del parto la sovrana arrestò il suo seguito nelle nella città di Jesi, nelle Marche. La notte seguente il Santo Natale 1194 fece tendere un padiglione, e in pubblico partorì un figlio di nome Federico."
(Costanza più coro)
E tutte le donne
accorsero al parto
La notte seguente
del Santo Natale
E la grotta di seta
nel dì di dicembre
vide nascere un Re
nella nuova Betlemme.
La luce splendente
della madre Costanza
fu spenta dai venti
del fato contrario
E del figlio sovrano
non fece le veci
già generato
nella piccola Jesi.
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3. |
Il giovan Fedrigo
06:03
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Laddove il vento tende il broccato
Da avi regali apprende il suo fato
Lì tra i mosaici e le ampie vetrate
meticce d'Arabia e le stirpi trinacrie.
Del giovan Fedrigo virtute cantate
Lontano da Roma e da sveva matrigna,
crescevi a Palermo, lucente e benigna
e ad ogni ciclo rovente del sole
contavi i tramonti e pregavi il Signore
col fulgido piglio dell'imperatore.
Di voci normanne e siculi carmi
Son piene le aziqqa, gli antri ed i darbi
Fuggivi da codici e precettori
Da lame e cavalli e devoti pastori
Già alti e maestosi si librano i falchi
Le cotte di maglia e gli elmi dei fanti
i drappi e i sajjada, le tuniche e i guanti
Le selle, le spezie e i profumi d'oriente
Le stive ricolme di merci e di gente
Mercanti, crociati, puttane ed infanti
Chi cerca denari, chi dita dei santi
Si mischiano madide greggi di genti
Affollano i banchi come in ceste le serpi
Per chi qui s’imbarca, si elevano canti
In sella al tuo Drago arresti la corsa
sul poggio più alto gl’allenti la morsa
col letto il Kemonia separa la Zisa
un tempo tua culla ora trono e corona
fanciullo sovrano già il fato ti sprona
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4. |
Imperatore
07:26
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Lo sguardo si rialza,
Palermo è liberata.
Tu giovane Fedrigo
riprendi la tua strada.
Di fame e bassifondi
fai gemme di corona,
del popolo negletto
fai lingua del dialetto.
Il popolo di Roma
festante al mio passaggio
perfino il pio pontefice
s’inchina a fare omaggio
Da Onorio insegne, incenso
e divina protezione
Di Sicilia e di Germania ora
son io l’Imperatore
Che c’è nei tuoi occhi
che arde più del fuoco,
splendente curiosità
che muove il tuo passo.
I secoli attraversano
l’imperio del tuo regno
Tu, Sovrano illuminato
dalle grazie del creato.
Al desco siede il medico,
l’astronomo ed il musico,
compagni nel tuo governare
un mondo da cambiare.
Filosofie e dottrine
a tua corte sono accette
di diversa religione
equilibrio e comunione.
Qualcuno grida ‘eretico’,
Gregorio invoca il sangue,
Gerusalemme Santa
non è ancora liberata.
Non c’è nel tuo fato
sommessa fedeltà,
accettazione unica
d'eterna verità.
I secoli attraversano
l’imperio del tuo regno
Tu, Sovrano illuminato
dalle grazie del creato.
A corte matematici,
poeti, santi e mistici,
mosaico di culture nuove,
ingegno e innovazione.
La cura dello Stato
con retorica e diritto,
lo studio delle arti
stabilisci per editto.
Partenope materna
accoglie la tua scuola
indipendente e libera
dal Verbo e dalla tiara.
C'è nella tua mente
il progetto di tuo padre
L'amore di Costanza
e il sogno d'un Re.
C’è nelle tue mani
un futuro da plasmare,
di spada e di parole,
di vissute libertà.
I secoli attraversano
l’imperio del tuo regno
Tu, Sovrano illuminato
dalle grazie del creato.
Di guerra e di diplomazia
fai arte fine strategia
schierati con gli arcieri
ci son fanti e cavalieri.
Castelli eretti in quantità
il tuo lascito all’umanità
e segue stupefatto il Mondo
la scia del tuo passare.
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5. |
Lujarà
08:09
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Minareti, sciabole, lingue arabe,
in catene solide, mani ruvide
son scampate alla spada sveva
confinate in terra straniera
Astri, forme ed alchimie, danze, melodie
cube, veli e cupole, archi e simmetrie
ruban gli occhi, tolgono il fiato
chi li ammira resta ammaliato
Prima savi rispettati
ora servi disprezzati
dalla Trinacria c’hanno esiliati
nel tuo giardino c’hai relegati
Terra brulla e umida è qui che sorgerà
Alte mura e torri avrà
la nostra Lujarà
Ci hanno sconfitti, ma preghiamo Allah in
Libertà, libertà
Verso la Mecca noi ci inginocchiam da
Lujarà, Lujarà
Il tuo potere fieri rispettiam
Alqayíd, Alqayíd
Senza una patria ma ora siam città a
Lujarà, Lujarà
Spade e lance affilerà la nostra Lujarà
L’immortale Tidide, greca ti creò,
chiare lane, pascoli, dauno lascito,
sui tuoi colli selci e ossidiane
sacro il bosco che ti appartiene
Pietra e marmi splendidi, Roma ti donò,
a Minerva voto di fede e servitù
bianco tasio e verde caristio
estraemmo via dal suo tempio
Prima schiavi saraceni
ora a corte non stranieri
creste merlate doman le valli
svettan bastioni e mori cavalli
Mezzelune d’oro notte e giorno brilleran
Sempre più risplenderà
la nostra Lujarà
A te, Fedrigo tutti noi giuriam
fedeltà, fedeltà
La tua fortezza insieme costruiam a
Lujarà, Lujarà
Son trentamila gli archi che contiam
E marciam e marciam
A sua difesa pronti ci schieriam da
Lujarà Lujarà
Ci hanno sconfitti, ma preghiamo Allah
Verso la Mecca noi ci inginocchiam
Al tuo potere fieri ci pieghiam
Senza una patria ma ora siam città
A te, Fedrigo tutti noi giuriam
La tua fortezza insieme costruiam
Son trentamila gli archi che contiam
A tua difesa pronti ci schieriam
Lujarà, Lujarà
Lujarà, Lujarà
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6. |
Scomunica I
03:18
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Venti mutevoli
gonfian le vele
alla nave
di Santa Romana.
Quattro tempeste ne squarcian lo scafo
sospinte dal fiato di chi arder fa i rovi
Perfidi ed empi pagani,
la rabbia rapace dei tiranni.
Serpi eretiche attentan la fede,
più di loro, chi in suo grembo siede.
Non fu Costanza
ma Chiesa tua madre
a educarti
a difendere i Santi.
Dignità regia
e onore imperiale
imparasti il decoro
in anni di spese.
Tu verga di nostra difesa
robusto bastone di vecchiaia
Offristi a chi porse uno sguardo d’amore
punte aguzze di ricca corona.
Giurasti alla Croce
d’andare per mare
con l’armi
a Gerusalemme.
Salpasti da Brindisi
in vile ritardo
ma ad Otranto
facesti porto
E affinché non sembriamo dei cani
sommessi e incapaci di latrare
malvolentieri ma in nome del Padre
estinguiamo la tua candela
Te Deum laudamus
Te Dominum confitemur.
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7. |
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Forte la meraviglia per i molti benefici
anziché la grazia saetta l’ingiuria
Dai padri già onorati sgorga l’odio e con la fede
si fredda la carità dai rami alle radici
Chi lega e scioglie in terra
soffia il male verso di noi
Se non fossimo devoti
a scriver sarebbe la spada
Cullaste il pupillo aprendone il regno
agli invasori
Sol grazie all’Altissimo e divina provvidenza
abbattemmo Ottone il superbo
E quando Aquisgrana
lo scettro ci porse
la croce legammo alle spalle
Con animo puro
ci votammo alla causa
della terra di nostro Signore
Il tuo sguardo no, buon pastore
non si posa, no, sul nostro regno,
non ai mastri d’ascia che scavano ed intagliano per te
Scava
Taglia e pialla
Pialla
Leviga e lima - Dio lo desidera
Tira (Issa!)
tendi le vele
Tendi (Issale!)
e come Pietro prega - Signore, salvaci!
Questo sforzo no, non sia vano
once ed once d’or, armi, armature,
mille cavalieri che marciano e combattono per Dio
Tempra
affila la lama
Ferma
il braccio alla picca - No, non vacillerà
Marcia
anche se infermo
Marcia
la guerra attende - Dio la desidera!
Dunque vi esortiam
passeremo tra le terre il mar, al caldo di maggio
Questa nostra causa, ve ne prego, sposatela anche Voi!
Resti sordo e no, non ascolti
messi e carte ormai, sommo Gregorio,
più non confidiamo che ci renda tu il conforto del
Signor
Con mano potente e braccio levato,
seppur della luce privati
tra le onde danziamo da scomunicati
per la culla del Cristo
partiamo!
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8. |
La riconquista
04:36
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L’uomo d’arme, il cavalier, lo scudier
si debbono temere
anche l’arcier
Ogni mano ed ogni pie’
ogni uomo vesta il ferro per il re
L’uomo d’arme, il cavalier, lo scudier
si debbono temere
Del sepolcro e del cenacolo (sì)
Con la spada e per miracolo (no)
Di Gerusalemme ormai sono il re
Non per grazia di Dio!
Sulla soglia come un ospite (sì)
Ora sono il nuovo Davide (no)
Con il capo cinto come il re dei giudei
Ma tu il Cristo non sei!
Eppure non ho versato
Neanche il sangue d’un mio servo
Mentre Roma manda in guerra
i figli suoi
Come fosse una crociata
per mondare via quel male
l’anticristo, quel demonio
che son io
A Il tempo è giunto ormai che ti si insegni
che le maestose volte che governi
non son su questa terra che calpesti
A farlo sarò io, l’imperatore
dalla presunta morte ora risorto
coi miei crucisegnati a offrir battaglia
Nei cor t’incuneasti con l’inganno
di chi per poco pianse la mia morte
ma eccomi son qui a dire che han torto
E chi levò lo scudo per far festa
con chiavi come Pietro a far vessillo
al seguito ti metti con protervia
Chiamasti all’arme per la tua crociata
la gente ch’è di Cristo e ti rispose
soltanto chi gli svevi non ha a cuore
Ma sta a vedere adesso che succede,
le sciabole cristiane e saracene
che da Barletta sempre a me fedele
ti porteran - combatteran
la riconquista
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